Piccolo Dizionario Nautico
(molto poco serio)
Dizionario base per far capire con parole semplici alcuni termini marinareschi anche a chi è montanaro. Nessuno si scandalizzi se vengono usati termini comuni per spiegare parte dell’arcano lessico di noi marinai. Chi ama l’arte marinaresca la diffonde, non la tiene gelosamente per sé, quindi la rende comprensibile a chi ancora marinaio non è!
Volutamente non in ordine alfabetico, ma lasciandosi portare dalle onde dei pensieri.
In barca conoscere i termini corretti è fondamentale, perché ogni componente, manovra, ferramenta, comando, azione deve essere immediatamente compresa, quindi è indispensabile che ci sia un nome ben preciso per ogni cosa. Ma è bello anche scherzarci su, magari aiutando anche la comprensione a chi non è esattamente un marinaio.
Per i talebani della terminologia, rimandiamo a testi ben più valenti di queste pagine.
Qui la vela è passione, tecnica e allegra capacità di prendersi in giro!
Prua – il muso della barca
Poppa – le terga della barca. Se ne vedete due, non state guardando le terga della barca né una barca e fate attenzione a quanto è vicina la vostra Prodiera, se ne accorge immediatamente se non si tratta di materiale di sua proprietà e potrebbe reagire malamente
Dritta – destra
Sinistra – parte opposta alla destra. Per chi fa confusione con destra e sinistra, suggerisco braccialetto verde a destra e rosso a sinistra
Mascone – parte della murata tra la prua e la prima parte della fiancata, a sinistra e a destra (dite dritta, altrimenti siete cacciati…)
Murata – Fianco della barca
Mure – lato di provenienza del vento rispetto alla barca. Mure a dritta, vuol dire che il vento proviene dal lato destro della barca. Mure a sinistra, dal lato sinistro. Non si dice “mura”, si usa sempre il plurale.
Giardinetto – è come il mascone, ma per la poppa. Si chiama così, perché sugli antichi velieri c’era un vero e proprio giardinetto appeso a poppa, con fiori (‘sti marinai, sembrano tosti e rudi, eh!)
Fil di Ruota – centro della poppa (nessuna battuta, prego!)
Cima – anche se in barca apparentemente si è assediati da corde, NON esiste alcuna corda. Quella è roba da alpinisti e freeclimbers. Sono tutte CIME (in montagna le cime sono le vette…). Cime da ormeggio, cime per serrare una vela (si chiamano matafioni), cime per regolare una vela (si chiamano scotte), cime per alzare una vela (si chiamano drizze), cime per tirare su il tangone (carica-alto o amantiglio) o per trattenerlo verso il basso (carica-basso). Per legare gli ospiti sgraditi all’albero, bastano delle cimette (stroppini), per tesare l’inferitura della randa e portare il grasso a prua (poi ve lo spiego) si usa una cima che prende il nome di cunningham. Ogni cima ha una sua funzione e per questo un suo nome. Le scotte che regolano una vela di prua hanno il nome di scotta sopravvento e scotta sottovento, in funzione della direzione di provenienza del vento. Le cime che hanno il ruolo di scotte dello spinnaker prendono il nome di scotta (quella sottovento) e braccio (quella sul tangone, sopravvento). Quando una cima serve per ridurre la velatura, si chiama borosa.
Dovete diventare delle cime con i nomi di ogni cima, altrimenti a un comando tipo “agguanta il braccio!” oppure “cazza il cunningham” potrebbero scatenarsi improbabili reazioni che non ripeto per pudore.
Cazzare – tesare una cima, per esempio la scotta di una vela,
Lascare – filare (allentare) una cima, per esempio la scotta di una vela, ampliando l’angolo con il vento apparente o la drizza di una vela per dare più grasso alla stessa (per grasso non si intende la sugna, ma la forma concava della vela…)
Meolo – cimetta (cordino) che se cazzata (tesata), chiude la balumina (lato di uscita del vento) di una vela
Balumina – lato posteriore di una vela, da dove esce il flusso d’aria
Bugna – angolo della vela. Abbiamo la bugna di mura, dove la vela si incoccia su un punto fisso (le vele di prua sul punto di mura accanto allo strallo, la randa alla base del boma), la bugna di scotta, dove sulle vele di prua si fanno i nodi delle scotte, mentre sulla randa si incoccia il tesabase e la penna (vedi sotto)
Penna – angolo (bugna) dove si incoccia (attacca) la drizza (cima, mo’ dovreste aver capito!)
Punto di Mura – angolo basso di una vela, fissato con un moschettone o altro sistema ad un punto fisso sulla coperta o sul boma
Punto di scotta – angolo della vela che viene regolato per creare il giusto angolo con il vento
Opera viva – parte immersa dello scafo. Non ho mai capito perché se sta sott’acqua come fanno a chiamarla viva…
Opera morta – parte emersa dello scafo, dove si vive!
Scotta – è la cima per regolare le vele. Ho sentito anche dire “quel ‘filo’ che tiene la vela…”.
Sagola – corda più fina, ma ancora robusta, solitamente però non adatta a trazioni forti
Lezzino – corda ancora più fina, buona per le legature e per legare gli occhiali da solo intorno al collo, che fa tanto skipper
Gomena – corda di grosso diametro, per gli ormeggi delle grandi navi. Se la usassi su Perla, la barca affonderebbe.
Paterazzo – non è un sostantivo che fa riferimento a parti anatomiche maschili, ma un cavo metallico incappellato in testa d’albero e tesato verso poppa, per dare la giusta forma all’albero. Delle volte penso che chi ha inventato i termini marinari era un po’ stranino…
Bottazzo – non ha niente a che fare con il paterazzo e non è sinonimo di piccolo scontro tra barche, ma è un paraurti sulle fiancate.
Strallo – cavo metallico pure lui incappellato in testa d’albero, ma tra questa e la prua. Sullo strallo si alzano le vele di prua, attraverso dei garrocci (moschettoni)
Strozzascotte – maledettissimo marchingegno per bloccare una cima, o drizza, o scotta (una corda insomma) e per spezzare le dita dei piedi, quando ci si muove scalzi in barca
Galloccia – maledettissimo oggetto metallico fissato in coperta per dare volta alle cime e spezzare le dita dei piedi (è degno parente dello strozzascotte)
Dare volta – legare. Se dite ‘legare’ come minimo vi legano all’albero. Anzi, vi rizzano all’albero.
Rizzare – assicurare con delle cime gli oggetti in barca affinché non vengano sballottati ovunque sottocoperta o persi fuori bordo in coperta
Pulpito di prua – parapetto tubolare in inox dove si mettono di solito le ospiti donne quando indossano il bikini per fare il test della prova costume, aspettando l’alzata delle palette con i voti dalle altre barca in rada
Pulpito di poppa – parapetto tubolare in inox dove si addormenta il timoniere con la barra in mano. Del timone, ragazzi, ho detto barra del timone!
Sottocoperta – giù sotto
Coperta – su sopra
Pozzetto – è il patio della barca, dove si fanno party, cocktail, flash mob dei tormentoni estivi, pranzi, cene, colazioni, concerti, partite a burraco, docce. Cuore vitale della barca, sempre zozzo di tutto.
Quadrato – salotto sottocoperta, che non è quadrato, ma si chiama così. Per gli esterofili dinette. Su Perla è un tutt’uno tra quadrato-cuccette-cucina-bagno-carteggio
Luce di fonda – lumino da morto da accendere quando si è all’ancora, dall’imbrunire all’alba
Luci di via – variazione del lumino da morto, perché colorati (verde a dritta, rosso a sinistra, bianco a poppa), che devono essere usati in navigazione dall’imbrunire all’alba. Se si usa il motore, anche un ulteriore lumino da morto di colore bianco va acceso, e deve essere visibile a 360°. Le barche come Perla Nera, quindi inferiori ai 7 mt, non hanno l’obbligo d’utilizzo. Devono però rendersi visibili nel caso di incroci, illuminando con una torcia a mano la vela o segnalando la presenza con il fascio di luce.
Winch – argano o verricello, altra arma impropria che attenta costantemente alle articolazioni in particolare ai gomiti e ai malleoli
Incattivarsi – creazione di un malloppo apparentemente fortuito di cime, drizze, catene, vestiti, capelli, in realtà azione ordinata diabolicamente dalla barca contro l’equipaggio, detta ‘parrucca’
MAYDAY – richiesta di soccorso immediata via radio, si pronuncia me’de’, alla francese e significa “siamo nella merd!”, sempre alla francese
Bozzello – puleggia
Pastecca – puleggia (apribile)
Assuccato – di un nodo si dice che è assuccato quando è meglio se lo tagli e buona notte!
Alzare – tirare su (beh, dai, era facile), per esempio per le vele
Issare – tirare su un peso, per esempio l’ancora
Salpare – issare l’ancora e partire. E’ il momento magico dell’andare per mare, perché si inizia un nuovo viaggio (a romanticoneeee!)
Garrocci – moschettoni cuciti sulle vele di prua per inferirle sullo strallo
Inferire – non è un termine medico (“si è inferito seriamente…”), assolutamente no! Vuole dire “unire” la vela allo strallo (ad esempio tramite i garrocci) o all’albero (ad esempio tramite la ralinga o i cursori)
Cursori – cursori (manco a dirlo)
Ralinga – cordino cucito lungo tutta la lunghezza della randa per permettere l’inferitura nella canaletta dell’albero
Albero – il palo che si vede su una barca a vela
Crocette – decorazioni dell’albero, sotto le quali ci sono spesse bandierine, simboli, biancheria, etc. (in realtà servono per far lavorare correttamente le sartie che sorreggono l’albero, permettendo un angolo delle sartie verso la coperta che senza le crocette non sarebbe possibile)
Cazzare – stringere l’angolo della vela al vento, tirando la corda (scotta) che ne regola la bugna (angolo di scotta)
Lascare – se avete capito cazzare, lascare è l’esatto contrario
Poggiare – allontanare la prua dalla direzione dalla quale proviene il vento. Con il timone a barra è facile da ricordare l’operazione necessaria per poggiare: si “poggia” la barra sulla pancia (se si è correttamente seduti sopravvento). Ricordatevi poi di rimettere la barra al centro altrimenti vi prendete una bella bomata in testa e continuate a girare in tondo
Orzare – avvicinare la prua alla direzione da cui proviene il vento. Con il timone a barra si deve allontanare quest’ultima dalla pancia (sempre se si è seduti sopravvento). Anche qui, ricordatevi di rimettere la barra al centro, altrimenti o vi fermate perché finite contro vento con troppo poco abbrivo, oppure continuate a girare in tondo…
Abbrivo – slancio della barca anche dopo terminata la spinta propulsiva diretta delle vele o del motore. La barca non ha i freni, ricordatevelo!
Barra – asta orizzontale che si impugna per governare la situazione. Non prendetela come una definizione hard! Agisce sulla pala del timone
Stick – prolunga dell’asta orizzontale. Non è un supporto farmaceutico!!!
Timone – Timone. Se non sapete neanche questo… allora ditelo!
Carrello – sistema scorrevole per variare il punto di scotta di una vela. Ottimo per creare unghie piste, soprattutto il carrello della randa se per sbaglio lasciate le mani da quelle parti…
Trasto – Sistema di pulegge per regolare la randa e che impiccia oltremodo nel pozzetto, ma permette una perfetta forma della vela
Passo uomo – inutile finestra che invita in continuazione le onde a partecipare a festini sottocoperta e quelle entrano, bagnando tutto!
Tambuccio – è la porta di casa della barca
Ombrinale – tombino del pozzetto, che scarica a mare l’acqua che entra quando si affrontano gli oceani ed i sette mari o quando più semplicemente la Prodiera si fa la doccia per le sue consuete due ore di seguito. Grunt!
Salmone – Peso aggiuntivo che viene calato sulla linea d’ancora per ammortizzare gli strattoni e per dare maggior tenuta all’ancoraggio. Abbiamo scoperto che in alcune regioni lo chiamano anche pedagno.
Anulare – non è il G.R.A. di Roma, ma il salvagente obbligatorio fatto a ciambella o a ferro di cavallo
Cunningham – è il the preferito dai velisti. A boccaloni!!! Caricabasso per modificare il grasso della vela, spostandolo più a prua.
Grasso della vela – curvatura che dà il giusto profilo per avere la migliore portanza in funzione del vento e del suo angolo con le vele (qui sembro serio…)
Vang – caricabasso del boma, altrimenti sotto la spinta del vento tenderebbe a salire
Caricabasso – tira giù
Caricaalto – tira su
Amantiglio – pure questo tira su (insomma, tutte manovre per fare su e giù…)
Boma – arma impropria che la barca governa autonomamente con mente diabolica cercando di eliminare uno ad uno tutti gli elementi dell’equipaggio, colpendoli violentemente sulla zucca. Fa finta di sostenere la base della randa, ma in realtà è un’arma killer.
Trozza – estremità a snodo del boma verso l’albero.
Varea – estremità del boma verso poppa. Capace di mazzate sonore sulle teste dello sfortunato equipaggio, con precisione millimetrica!
Tangone – asta di metallo che si alza e si abbassa (!!), per far gonfiare lo spinnaker. Non aggiungo altro…
Spinnaker – motivo di esistenza del tangone, vela simmetrica che ricorda un palloncino, che tende ad incaramellarsi, sgonfiarsi, strapparsi, finire in mare, ma quanto è bello quando è a riva e fa volare la barca!
Randa – vela triangolare a poppavia dell’albero e ad esso inferita. Ha le stecche, come mia suocera
Tesabase – sistema per tesare o mollare la base di una vela, solitamente la randa, per dargli la forma più adatta in funzione del vento e del mare. È quel maledetto dettaglio che dimentichi sempre quando vuoi issare la randa e non capisci perché non sale fino alla sommità dell’albero
Genoa, Fiocco, Tormentina – vele di prua, dalla più grande, alla più piccola. Più si va verso la piccola, più vuol dire “guai in vista”, dato che più sostenuto è il vento (si dice ‘fresco’), meno deve essere la ‘tela’ a riva (issata).
Terzaroli, Brancarelle, Borose, Matafioni – sistema per la riduzione della superficie velica della randa. Quando si devono usare vuol dire “guai in vista”
Falchetta – bordo superiore esterno dello scafo riconoscibile dai segni delle unghie che l’equipaggio lascia durante le boline in cui la barca è particolarmente sbandata per via del forte vento. Qualcuno ci incide anche preghiere nella speranza di salvarsi
Draglia – cavo metallico orizzontale che parte dai pulpiti e sorretto dai candelieri crea una protezione affinché gli ubriachi (o gli incontinenti) non cadano in acqua
Candelieri – aste metalliche verticali assicurate sul bordo esterno della coperta per sostenere le draglie partecipando alla creazione di una protezione, sempre affinché gli ubriachi e gli incontinenti non cadano in acqua
Battagliola – insieme di draglie e candelieri, che formano un parapetto per gli ubriachi. I sobri cadono comunque, soprattutto i maschi nell’atto di liberarsi dei liquidi dalla coperta (i famosi incontinenti), certi di saperlo fare (questa non è una battuta, purtroppo)
Sopravvento – lato della barca colpito per primo dal vento. Vietato gettare nulla da questo lato, men che meno sputare. Di bolina è il lato dove si rifugia l’equipaggio, come rondini appollaiate sul filo elettrico
Sottovento – lato dove è possibile liberarsi di qualsiasi bisogno fisico, quando si è al largo, per favore
Sentina – zona delle acque eterne, ma all’interno della barca
Tavolo da carteggio – fa da sottopentola, da zona di lancio del caffè sulle carte nautiche, arredo magico per far sparire compassi, gomme per cancellare, squadrette nautiche come se avesse una propria anima, dagli angoli maledettamente vivi, da segnare il costato con ferite che neanche una sciabola da pirata potrebbe
Sestante – strumento talmente complesso che, come dice il nome, meglio lasciarlo a sé stante.
Tuga – bozzo superiore della coperta.
Piede d’albero – base del famoso palo decorato dalle crocette
Testa d’albero – zona mistica, dove volano i condor e dove se ti devi arrampicare con il banzigo scrivi il testamento e baci i figli prima di salire. Girano voci che serva la bombola d’ossigeno per arrivare fin lassù…
Banzigo – seggiolino che viene issato con le drizze insieme allo sfortunato di turno che deve affrontare la scalata della testa d’albero. Pochi marinai hanno fatto ritorno, proprio come gli sherpa dell’Everest. Se chi supera Capo Horn ha diritto a indossare l’orecchino, chi torna dal banzigo ha diritto a un tatuaggio commemorativo. Non vi dico dove.
Rinvii – dove una cima gira, grazie ad un bozzello, cambiando il suo angolo
Specchio di poppa – mi spiace deludere i malandrini ma è la parte posteriore della barca, solitamente piatta, e che ospita, nel caso di Perla, la scaletta in acciaio per la salita e discesa in acqua, la pala del timone, la piastra di sostegno del motore ed il motore fuoribordo. E sì, una poppa piatta.
Tender – battellino di servizio con piccolo fuoribordo, quello che solitamente viene lasciato ai figli di 10-12 anni per scorrazzare in rada a tutta manetta e a tutto rumore! Alla prima occasione glielo squarcio!
Barber – rinvio solitamente usato per variare l’angolo di scotta dello spi o di una vela di prua, per esempio per stringerlo maggiormente.
Panchette – sedili nel pozzetto, che avendo una struttura antisdrucciolo, fanno da matrice sulle natiche dell’equipaggio, che a fine vacanza avrà esattamente il disegno delle panchette nelle zone basse. Giuro!
Filetti segnavento – fili di lana o di strisce di stoffa leggera che aiutano a perdere la concentrazione sulla rotta e a ritrovarsi all’incaglio con la soddisfazione però di aver tenuto la vela perfettamente performante
Incaglio – quando si è toccato il fondo…
Gavone – pozzo senza fondo dove tutto si nasconde e nulla si trova, presente ovunque nella barca eccetto dove serve.
Sartie – manovre fisse costituite da cavi metallici incappellati in diversi punti dell’albero (il famoso palo) in funzione del fatto che si tratti di sartie alte, medie, basse. Le medie ci sono solo su barche di grandi dimensioni, di solito. La tensione delle sartie è responsabile della forma dell’albero. Ho visto scene che voi umani neanche potete immaginare, di armatori dall’alba a notte fonda, tensiometro alla mano, a regolare millimetro dopo millimetro la tensione delle sartie, per poi ricominciare da capo perché non soddisfatti. L’operazione tipicamente, dopo il terzo anno consecutivo, finisce con la separazione per colpa dal coniuge
Grillo – oggetto in inox, di solito a forma di U che serve per unire due punti di forza o per sfoggiare un portachiavi trendy. Si chiude con un sistema a vite, che quando serve non si apre mai
Caviglia – sorta di punteruolo usato per aprire i trefoli delle cime per fare impiombature, che non sono saldature idrauliche, ma magie sulle cime, unendole come in un disegno di Escher, non capisci mai da dove inizia quell’unione di trefoli…
Redancia – Anello di metallo, fatto a “goccia”, che viene inserito nella gassa di un cavo per proteggerla dall’usura e che viene usato nelle impiombature
Impiombatura – creazione di un occhio con una cima, all’interno del quale si inserisce la redancia e che, grazie alla caviglia, si chiude su sé stessa, intrecciandone i trefoli. Sembra uno scioglilingua… Elemento distintivo del lupo di mare vero, “…quello sa fare le impiombature…”. ‘azz!
Trefoli – corda ritorta più piccola che insieme ad altre corde ritorte con le quali si avvinghia in un intreccio morboso ed appassionato per tutta la sua lunghezza forma la cima, ritorta e più grande. Un fusillo, praticamente
Adugliare – raccogliere una cima in spire ben ordinate ed eleganti, messe in bella mostra sulla barca per darsi arie da grandi velisti, come a dire “come aduglio io, non aduglia nessuno…”
Nodi – “poca cima, poco marinaio” è famoso detto rivolto a chi si fa mancare l’elemento fondamentale dell’andare per mare: le cime, di tutte le lunghezze e dimensioni. Ma le cime bisogna saperle usare, dare volta, lanciare, dominare perché delle volte vivono di vita propria, generando nodi in autonomia (portatori di sfiga, per cui fare gesti apotropaici se ne trovate uno misteriosamente apparso sulle vostre cime) e ribellioni improvvise. L’arte dei nodi è meravigliosa, ma non è necessario conoscere tutti quelli dei manuali. Cito i più usati:
Gassa d’Amante – gassa fissa per ormeggi su bitte e gallocce ma soprattutto per il punto di scotta delle vele di prua. Buona anche intorno agli anelli di ormeggio. Test classico alla prova di vela, per il conseguimento della patente. Ho visto gente fare nodi scorsoi…
Piano – unisce due cime, meglio se dello stesso diametro. Ottimo per chiudere i matafioni intorno alla vela o per serrare una vela intorno alla battagliola. Anche per fare una cintura di emergenza quando hai dimenticato la cinta a casa, avendo a disposizione una cima più lunga del diametro della panza
Parlato – altro nodo di ormeggio e/o di fissaggio, perfetto intorno a draglie per i parabordi o ai polsi del nemico catturato nell’arrembaggio
Savoia – nodo d’arresto, a forma di ‘otto’, per bloccare cime o drizze affinché non si sfilino da un circuito di rinvii o strozzascotte. Si dice porti sfiga, quindi siccome un vero marinaio è scaramantico, faccio sempre il nodo che segue, per la stessa funzione
Cappuccino – nodo d’arresto, non sfigato. Come il nodo iniziale delle scarpe, ma con almeno un giro in più. Se usate i mocassini e non vi siete mai allacciati le scarpe, fate il Savoia, a vostro rischio e pericolo. Io ve l’ho detto!
Nodo – unità di misura della velocità in mare. Un nodo equivale ad un miglio marino all’ora. Non è corretto quindi dire che una barca “va a tre nodi l’ora”, ma “va a tre nodi”. Nelle stime quando prepariamo un trasferimento, per Perla valutiamo una velocità di media di 4 nodi, solitamente siamo più veloci (5 nodi almeno).
Miglio marino – (pl. Miglia) unità di misura utilizzata nelle distanze marine ed equivalente a 1.852mt. Corrisponde ad un primo di grado. Se vi divertite a fare questa piccola moltiplicazione: 1852 (un miglio, cioè un primo) x 60 (il numero di primi che ci sono in un grado) x 360 (numero di gradi che ci sono nell’angolo giro), avrete un totale che corrisponde al diametro della terra all’equatore. Provate!
Parabordo – a salsicciotto, a pallone, a cornetto, oppure fatto con un pneumatico, tutto quello che serve per proteggere le murate da colpi delle barche vicine o delle banchine o dei pontili galleggianti o delle motovedette della Guardia di Finanza che vi abbordano per chiedervi i documenti in piena notte, manco foste un corriere di Pablo Escobar. Successo anche questo…
Ancora – dalle tante forme: ammiragliato, Danforth, a ombrello, Trefoil, CQR, Hall, Bruce, grappino (non è un superalcolico…). Fondamentale legame tra la barca e la sicurezza della stessa quando si è ormeggiati in rada. Insieme al calumo, evita che la barca vada a spasso, almeno teoricamente. Poi in pratica vedi barche che arano come fossero senza ancora del tutto, che un cavallo su una lastra di ghiaccio avrebbe più presa. Vogliamo imparare a dimensionare correttamente l’ancora, la catena ed il calumo da dare, per mettersi in sicurezza? O vogliamo sempre dare fondo all’ancora come si posteggerebbe un’auto?
Arare – creare il panico a bordo e tra le altre barche ormeggiate, perché l’ancora non agguanta più e ha spedato, cioè se non vi sbrigate a dare motore e recuperare l’ancora per ormeggiare di nuovo o cambiare aria, sono dolori
Agguantare – “agguantare una cima” – afferrare una cima. “L’ancora ha agguantato” – l’ancora ha fatto presa sul fondale. “Agguantatelo” – se lo sentite dire dalla Guardia Costiera accertatevi che non intenda voi, altrimenti fingete un malore
Spedare – quando l’ancora perde la presa sul fondo, volontariamente, manovrata quando si salpa, o involontariamente, quando comincia prima ad arare e poi speda definitivamente, lasciandovi nei guai
Calumo – lunghezza catena e/o cavo da filare tra la barca ed il punto dove si è gettata l’ancora. Minimo tre volte il fondale in condizioni tranquille, fino a sette con vento sostenuto ed onda. Fatevi i conti…
Salpancora – su Perla è composto solitamente da due motori, braccio destro e braccio sinistro. In casi di ancora resistente a salire, entrano in funzione altri due motori, quadricipite destro e quadricipite sinistro
Bugliolo – secchio, ambitissimo su Perla perché è il miglior WC, ecologico, non provoca intasamenti, non richiede saracinesche né vie d’acqua. Posizionabile dove si vuole!
Cagnaro – niente a che fare con fatti di cronaca nera della Magliana, ma telo di protezione della barca, solitamente usato nei periodi di fermo.
Tendalino – copertura in tela dal sole, perfetto per penniche irrinunciabili post prandiali. Quello su Perla è fatto con una vecchia tenda da campeggio, di quelle vere e resistentissime “canadesi”. Un mito.
Alaggio/Varo – nutrimento dei marina, pronti come falchi a farvi firmare assegni con tanti zeri per questa operazione di sollevamento dall’acqua con crocette e sartie solitamente sbattute sul braccio della gru o lancio in acqua dalla gru con conseguente tsunami in porto
Comandante – Responsabile in tutto e per tutto della condotta della barca e della incolumità dell’equipaggio. Definisce la rotta, i turni, il momento di fare cambusa, i compiti a bordo. Dà gli ordini nei momenti delicati e sa aggiustare tutto, anche solo con l’imposizione delle mani. Osserva il cielo e sa dire che tempo farà per i prossimi due mesi. Governa le vele con il solo sguardo. Ha un solo punto debole: la Prodiera
Prodiera – è il vero comandante di Perla Nera. Le è infatti permesso di portare più di una sacca di abiti, decidere dove ormeggiare, dormire in qualsiasi momento anche con mare formato, decidere il menu, decidere dove e quando scendere a terra. Senza di lei, Perla Nera non sarebbe il vagabondo Meteor che scorrazza nel Tirreno da anni.