stella Stellina, un sogno s’avvicina…

con Roberto Barbero – armatore dell’Aloa “Stellina”

Nell’estate del 2017, navigando lungo la costa settentrionale dell’Elba, ci è capitato in più occasioni di essere salutati da altri velisti, sorpresi dal nostro veleggiare su una piccola barca di sei mt. Spesso, passando di cala in cala, ci si salutava con barche già incrociate, senza conoscersi, ma riconoscendosi. Una di questo ci aveva colpito, perché era piccina e bellissima. Una vera Stellina!

Roberto – Scrivo queste righe incoraggiato da un amico, Davide, e dalla sua meravigliosa compagna Barbara.  Ci siamo “conosciuti” un giorno per caso in mare e condividiamo una grande passione comune che ci unisce: la vela!

Davide – grazie, Roberto, delle belle parole! Dato che ci siamo incrociati per mare e finalmente abbracciati alla presentazione dell’ebook “Sei per due”, facciamo finta di sederci in un bel bar di qualche porto di un’isola che non c’è e chiacchieriamo da veri marinai… Raccontami di te, dai!

R. – Mi chiamo Roberto, ho 28 anni e da ormai 8 ho cominciato ad andare in barca a vela e me ne sono innamorato! Sono cresciuto velisticamente tra derive, cabinati, regate e gite giornaliere, frequentando il circolo velico A.V.N.O presso il lago di Viverone, piccolo bacino incastonato ai piedi della Serra di Ivrea. La passione è cresciuta in modo inarrestabile, per cui le vacanze sono state sempre più al mare, con barche più grandi, facendo lunghe navigazioni, traversate notturne, turni al timone, ormeggi su ormeggi. Ho cercato sempre di portare a casa il più possibile di quello che i più esperti mi potevano insegnare o anche solo mostrare con il loro agire.

D. – mi sembra il modo migliore per imparare: andare, soprattutto con persone più esperte, e rubare con gli occhi! Vai avanti…

R. Penso che ci siano due tipi di persone che vanno in barca a vela. I Regatanti e i Marinai. Per me la cosa più importante e più difficile al contempo è esserlo tutti e due.

Il regatante si sente sicuro, ottimizza al meglio tutto per far volare la sua barca il più possibile, ma abituato a questo, qualche volta per troppa spavalderia, “spacca” letteralmente l’attrezzatura o addirittura la barca (cosa che ho fatto anche io, su una vecchia Star in regata con 25 nodi: mi si sono divelte le sartie volanti dalla coperta. Troppa fiducia in un mezzo ormai con i suoi anni).

D. – ben detto. In regata ho naufragato con un Europa, per una abbattuta troppo repentina con 20 nodi e bicchierino a piede d’albero che era instabile: l’albero ha tranciato la coperta e la barca ha fatto acqua, rimanendo a galla solo per le sacche di galleggiamento… la smania di portare al limite tutto può giocare brutti scherzi in effetti.

R. – Il marinaio invece sa andare in barca, è più accorto, annusa il vento e i pericoli, conosce i trucchetti per ormeggiare con più facilità, si muove per non avere problemi di alcun tipo. Prima regola, tutelare la barca! È forse più saggio, guarda oltre. Ha una luce diversa negli occhi. Forse si gode anche di più i momenti.

D.Io dico che il marinaio è un navigatore dei suoi sogni. E per campare sogna tutto il giorno, di mari e di rotte. Per questo si muove quasi in punta di piedi, apparentemente senza strafare, ma sapendo bene ciò che fa e lo fa quasi senza sforzo, ma con tanta conoscenza. Parlami del tuo gioiello, Stellina…

R. – Stellina è la mia attuale barca. È vero che ha un nome che in regata mette paura? Beh, quasi… Io sono sicuro di una cosa, però: pur essendo una barca piccola (23 piedi) è una grande barca!

La storia è cominciata con una telefonata da Luciano, il mio prodiere e soprattutto mio grandissimo amico. “Roby, John (nome di fantasia) vende la sua barca, sai quella che è la prima del pontile. Pensaci! È un po’ da sistemare ma… chiamalo!”. La traduzione di “Un po’ da sistemare” sono stati 6 mesi di lavori tutti i fine settimana!

Stellina è un Aloa Marine 23 r, barca francese del 1979. 7metri, 1000kg (a vuoto), 6,45 al galleggiamento. Chiglia fissa 500 kg, 1,30 m di pescaggio. 4 posti letto (Un matrimoniale a prua e 2 laterali). Disegnata da Jacques Fauroux . Sono andato a vederla e c’era acqua che entrava da tutte le parti, i legni all’interno marci, fiancate rigate, tutto da rifare. Ma pensando che i lavori li avrei fatti io ci sarebbe stato un bel risparmio a livello economico. La pagai 3000 €.  Decisi di prenderla. Mi sentivo un Signore, 25 anni e mi ero comprato la barca!

L’idea di partenza era: a terra tutti i lavori strutturali, una mano di bianco e via. In realtà La storia sarebbe stata molto più lunga. Un buco sulla poppa, bollicine di osmosi, bottazzo da rimuovere, aprire con la moletta e riempire di sigillante, poi i finestrini da smontare e risigillare, i winch da pulire… E poi l’interno da smantellare e ricostruire. Un disastro insomma! Come succede poi sempre in questi casi uno dice: già che ci sono faccio quello, allestisco anche quell’altro… Ed ecco che la cosa non finisce più. Così io e la mia ragazza dell’epoca abbiamo cominciato a pensare di allestirla per andare a fare poi le vacanze al mare.

Quindi: fondo tirato a resina, lavori anti osmosi, primer, anti vegetativa, murate levigate, stuccate e riverniciate con 2 mani bicomponente, bottazzo aperto e risigillato, nuovo sartiame, interni smantellati e rifatti con spugna dura rivestita con eco-pelle bianca. E poi scaletta, bompresso retrattile (home made, 50€ contro 300), luci navigazione e fonda, rubinetto per il lavandino dentro e doccetta in pozzetto (un super lusso!), luci led con telecomando (30€ da gran signore), carica batterie, batteria con pannellino solare, fornello da campeggio .

Tutto effettuato con cura del risparmio più totale, dato che spesso la nautica ti vende a 100 ciò che vale 10, ma mai lesinando sulla qualità dei materiali e sulla sicurezza! Es: le draglie… 3 o 4 euro al metro per il cavo trecciato rivestito bianco. Più terminali 10-12 euro l’uno. Circa 120 € contando le impiombature dei terminali. Alternativa? Dyneema 15m x2,90\m tot. 43euro e 50 cent. Impiombato a casa da me, 2 grilli, un paranchino di Dyneema da 2 per tirarlo e via! Sicurezza e risparmio!

D. – insomma hai le mani d’oro! Bravo Roberto, mi hai dato delle belle idee per Perla, e magari le spiegheremo a breve. E come naviga la tua Aloa?

R. – La cosa che mi ha colpito di più di questa barca è, che pur essendo un cabinato, ha delle linee d’acqua molto pulite, fa poca turbolenza a poppa e pur essendo di 1000 kg (a vuoto) è molto molto sensibile ai pesi. E l’assetto per farla camminare è molto importante. Di contro la poppa si rastrema molto e manca di appoggio nelle portanti con vento un po’ deciso. Parlando con il velaio è venuto fuori che probabilmente in passato gli avevano sostituito l’albero più alto dell’originale. La velocità massima di Stellina, rilevata dal GPS, è stata di 6.8 nodi e credo sia veramente il suo limite.

Ho studiato tutto perché fosse una barca “veloce”, sicura e anche confortevole. Veloce per 2 ragioni: meno ore di navigazione per spostarsi e soprattutto per scappare veloce in situazioni di pericolo.

D. – ben detto. L’esperienza delle regate insegna molto sul far correre la barca, non solo come regolazioni, ma anche come zone dove andare a prendere il vento migliore per scappare veloci a fronte, per esempio, di una perturbazione in arrivo. Che rotte hai toccato con la tua barca?

R. – La scorsa estate, in compagnia della mia ex ragazza, Stellina ci ha accompagnato da Lavagna, dove l’abbiamo carrellata, all’Isola d’Elba e ritorno. Tappe da 25-30 miglia per 7-8 ore di navigazione, studiando porti, ridossi, eventuali piani B. Grande attenzione alla sicurezza con dotazioni, giubbotti autogonfiabili, cinture, “life line” per andare a cambiare vele e prua, rinvii dei terzaroli. Non ci è mancato nulla o quasi, a parte la gomma dell’acqua rubataci a Fezzano e le birre perché non avevamo nemmeno il frigo!

D. – se le birre mancassero su Perla Nera, neanche prenderemmo il largo… basta metterle nei gavoni che sono sotto il bagnasciuga, più in basso possibile. Non sono gelate, ma ben godibili!

R. – Abbiamo gironzolato per tre settimane, senza le tradizionali comodità ma lontano dal caos. E che bello l’entrare in porto, con i vicini su barche di 12 metri che ti guardano stupiti e ti fanno sempre la solita domanda: ”E voi da dove venite?” e fanno la faccia ancora più stupita nel sentire risposte del tipo: ”Arriviamo dall’Elba, siamo scappati via alle 3 di stanotte con 20 nodi perché poi davano peggioramento” (questo a Marina di Cecina). Oppure ricordo quando nei bagni dici che sei su un 7 metri e l’altro, che si stava facendo la barba, si ferma, ti guarda negli occhi e ti dice “piccola barca, grande marinaio”. Poi scopri che lui viaggia su un Class 40. Io penso che queste persone siano rimaste stupite per le dimensioni della barca, ma ancora di più siano rimaste colpite dall’amore per il mare.

D. – a chi lo dici, Roberto…!

R. – Il mare mi ha insegnato molto e sono consapevole che ne so ancora troppo poco. Ma di sicuro che non so ormeggiare! Fare retro col fuoribordo se non puoi ruotarlo è un disastro… 45 gradi di scarroccio prima di riuscire a partire in retro. Una meraviglia… Così e finita che mi giravo fuori dalla banchina e me la facevo tutta in retro fino al mio posto! Credo che quel viaggio sia stata l’esperienza più bella e stancante della mia vita. Ma la rifarei subito!

Ora la barca è di nuovo al lago. È tornata a casa anche se soffre nel non poter uscire di nuovo in mare…

D. – sono uscito poche volte al lago, a Bracciano e ad Albano, ma essendo cresciuto sul mare, devo dire che le radici sono forti verso l’acqua salata…

R. – Ti voglio raccontare di un momento molto particolare, sul lago di Viverone.

Questa estate ero da solo sulla mia barca e il mio amico Marco su un first 21 con la sua ragazza. Decidiamo di andare a dormire dall’altra parte del lago e, arrivati, buttiamo l’ancora. Verso mezzanotte comincia ad arrivare dalla Val d’Aosta un temporale con molti fulmini. Lo teniamo d’occhio e sembra dapprima andare sul biellese. Poi in realtà in 10 minuti gira e sembra raggiungerci. Decidiamo di tornare al circolo per stare più riparati. C’era una bella brezza sui 7-8 nodi e Marco salpa a tutta tela, molto veloce. Io accendo il motore, tiro su la randa, salpo l’ancora e parto dietro di lui. Non ho messo la vela a prua perché avevo armato il genoa e non avevo tempo per mettere un fiocco, bisognava andare rapidamente. In cinque minuti il temporale è a pochissimi chilometri, si sentono i tuoni e il cielo si illumina a giorno. Spengo le luci di via per non avere passaggio di corrente nell’albero, non si sa mai! Poco dopo mi trovo con una quindicina di nodi e la barca che corre come un missile al traverso, con la falchetta ormai a una decina di centometri dall’acqua. Ero contento ed eccitato, sono riuscito a fare anche una foto ai fulmini. A un tratto suona il telefono, è Marco! Penso: “gli è successo qualcosa…”

Rispondo e non faccio in tempo a sentire “Sono Giovanna, Marco dice di tirare giù le vele” che mi trovo la barca sdraiata a tal punto che il motore per quanto inclinato si spegne! Panico! Lasco al volo randa e lancio sul fondo della barca il telefono. Sbatte tutto! Sono nel vento e il mio primo pensiero è stato “Se non parte il motore sono fottuto! Devo ridurre e devo farmela tutta a vela!”. Il vento è entrato di colpo, violento, così improvviso da sorprendermi anche se avevo la scotta in mano ed ero attento. Ma tante volte al lago da noi è così. Intanto si è messo a diluviare. Il motore riparte quasi subito, fortunatamente!

In un attimo di lucidità mi ricordo che le scarpe che avevo hanno la suola liscia e sul bagnato sono più un pericolo che altro, così le lancio dentro e rimango con le sole calze. Che grip! Salto sulla tuga e ammaino.

Conosco bene la mia barca e ho predisposto le cose perché da solo riesca a cavarmela a fare tutto. Ma come sempre le difficoltà non sono mai una o due, ma si susseguono a catena. Devo timonare, coprirmi dalla pioggia battente, arrivare al pontile e ormeggiare con un gran vento. E sono solo! Così prendo un elastico per tenere un il timone fermo, il mezzo marinaio per l’ormeggio e infine una cerata per coprirmi,  anche se oramai sono zuppo!

La pioggia e il vento non mollano. Non vedo Marco, lo sento chiamare, preoccupato perché non mi vede. Anche se poco lontani, vedo solo le creste bianche sull’acqua nera come l’inchiostro, vedo i fulmini ma nemmeno la sponda del lago che era più vicina della barca di Marco. Seguo le boe per tornare a casa e un pensiero mi assale, mentre mi riparo basso sotto la tuga e la barca resta inclinata senza vele: e se non riesco e entrare al mio posto? Così do volta a una cima di ormeggio sulle sartie e dico a me stesso: “Se non riesco a entrare mi schiaccio all’inglese al pontile, salto al volo e la fermo, poi la legherò con calma!”.

Arrivo finalmente al pontile, il motore in retro al massimo fa fatica a tirare la barca contro vento, ma alla fine l’ormeggio riesce, con qualche sportellata alla barca vicina, alla quale mi attacco col mezzo marinaio come fosse l’unica mia salvezza. Intanto arriva Marco che mi lancia le cime d’ormeggio.

Poi ci riprendiamo un po’ nella sede del circolo e calcoliamo quanto vento ci siamo pigliati! Ripresi dall’avventura, ma comunque felici, andiamo a dormire, sono le 2 di notte, finalmente sta spiovendo.

Il giorno dopo calma piatta. Andiamo a curiosare sui dati dell’Arpa, che ha la centralina proprio a ridosso del circolo. Sono stati registrati passaggi da 7 nodi a 12 nodi, poi una impennata a 25 nodi, con un salto di vento di quasi 30 gradi. Tutto in un attimo e per una durata di quasi 40-50 min.

Oramai lo conosciamo quel lago, è così: o poco poco o davvero troppo.

Il massimo che ho preso con la mia barca in mezzo “a quella pozza”, che rispetto tantissimo. sono stati 25 nodi con raffiche da 35. Ma la Stellina è una Grande Barca e con 2 mani sulla randa senza vele a prua ci ha riportati a casa sani e salvi. E anche molto contenti e divertiti.

Per questo secondo me bisogna essere sia regatanti che marinai. E soprattutto adattarsi alle condizioni meteo avendo grande rispetto per mare, lago o montagna che sia, essendo sempre consapevoli che in confronto alla Natura siamo un nulla. Anche se siamo riusciti a superare una tempesta. Anzi, queste cose ci devono insegnare qualcosa, altrimenti non è servito a nulla uscire in barca.

D. – una bella riflessione. Saper affrontare le situazioni difficili, ma cercare di evitarle, ove possibile.

R. – Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato, che mi hanno spronato e supportato. Chi mi ha insegnato molto e chi in futuro mi insegnerà.

D. – Credo che gli armatori delle piccole abbiano ancora più degli altri questo istinto alla collaborazione e allo scambio. Anche per questo quello delle ‘piccole’ è un ambiente prezioso, fatto di veri appassionati come te, desiderosi di andare, vivere e scoprire. Intanto grazie di questi racconti, di essere venuto a trovarci alla presentazione del nostro lavoro e grazie per la tua bella barca!

BV, Roberto: a te, alla tua ragazza e a Stellina!