L’idea di arrivare in Corsica è nata durante uno dei giri, raccontati anche nel libro “Sei per due – La vela possibile”, in una delle nostre mete più amate, l’isola del Giglio. Un tappa per noi obbligata al Giglio è salire a Giglio Castello, per una cenetta in uno dei tanti ottimi locali del paesino e nutrire lo spirito e la mente del tramonto che da lassù abbraccia una visione unica: Montecristo, Pianosa, Elba e la Corsica. La Corsica… la ventosa e selvaggia Corsica, paradiso dei velisti.
“Certo, pensa che bello poter arrivare lì con Perla Nera”, diceva la Prodiera, mentre incantati guardavamo quel panorama a perdita d’occhio.
Quella frase mi rimbalzava nella testa, anche perché dopo tanti anni verso l’arcipelago toscano, volevamo cambiare mete e affacciarci verso le Pontine, dove la distanza minima dalla costa è di 18 miglia, quindi ben oltre le 12 miglia, somma dei due limiti di 6 miglia dalla costa di partenza e costa di arrivo. Feci una serie di ricerche tra normative, direttive e siti di nautica. Presi la decisione di adottare la bandiera belga, funzionale a rendere possibile una serie di cose. Con l’introduzione delle “Categorie CE”, non conta più la distanza dalla costa oltre la quale un mezzo può spingersi, ma le condimeteo con le quali il mezzo può navigare. Questo significa che in funzione delle categorie, si possono a esempio superare le fatidiche 6 miglia dalla costa. Ma è altrettanto ovvio che le dotazioni di bordo devono essere in linea con la normativa. Cioè, oltre le 6 miglia serve la zattera. Ora, il Meteor infatti appartiene alla Categoria CE “C”, cioè può navigare con venti fino a 27-30 nodi e onde di 2m, ma il posto per la zattera su un gioiello di 20 piedi è affare complesso, soprattutto se in barca vanno lasciati gli spazi per le sette sacche di abitini della prodiera, le mie due di attrezzi tipo Eta Beta, set di vele completo, dalla tormentina allo spi, cucina, razzi, lampade e soprattutto la chitarra!
Il Ministero dei Trasporti del Belgio fino a qualche tempo fa rilasciava, a fronte di domanda via web e del pagamento di circa 160 euro, la “lettre du pavillion”, un documento filigranato che attesta come una imbarcazione sia iscritto al registro navale diportistico di quel Paese e quindi ne adotta le normative. Ciò significa che secondo la normativa belga è lo skipper a decidere se adottare o meno la zattera.
Perla Nera, Meteor costruito nel ’97 da Nauticalodi, ha due gavoni stagni a prua e due gavoni stagni a poppa, il che non è male! E il nostro terzo membro dell’equipaggio è Prudenza, soprattutto con il meteo: mai cercare situazioni a rischio, pur sapendole affrontare.
E quindi dal 2018 Perla Nera batte bandiera belga, usciamo senza infrangere alcuna normativa dalle 6 miglia, abbiamo girato tutte le pontine, come raccontato nelle pagine di questo blog, e soprattutto ci sentivamo pronti per il salto in terre straniere: la Corsica!
L’avvicinamento fino all’Elba è stato oggetto del primo capitolo, al quale doveroso raccontare un paio di incontri e avventure.
Eravamo rimasti alla preparazione per la cena con amici che, avendo affittato una barca, erano saliti da Talamone a Porto Azzurro. Già mi stavo pregustando una bella cena con primi di pesce, quando ci inviano un whatsapp per dirci “SALITE A BORDO PER UN APERITIVO”.
“Ah – dico io – vedrai che poi non ci si muove più”. Erano già le 20… Raggiungiamo con il nostro nuovo tender (mai avuto uno bello così!) con motore da 60 cavalli (30 cavalli per braccio, nella remata…) il 16 metri ormeggiato al centro della rada di Porto Azzurro, mentre noi eravamo più ridossati sul lato Nord. L’accoglienza è piacevolissima e comincia il benvenuto a base di patatine,olive e spritz. Qualche chiacchiera, tra una battuta e una manciata di patatine e appaiono salamini e formaggi. Ma soprattutto appaiono i secondi e i terzi giri di spritz… L’allegria corale cresce, ma al quinto giro di spritz, e si erano fatte quasi le 22, tra una bevuta e una chiacchiera, qualcuno comincia ad allungarsi nelle cabine, qualcun altro parla come fosse in preda a iper-eccitazione, chi ride senza motivo, chi comincia a sonnecchiare intorno al tavolo, in una scena da osteria molto poco marinara.
Si fanno le 22.30 e qualcuno ha la brillante idea di dire “Scendiamo a terra, andiamo a fare una passeggiata nel paese!”. In effetti l’idea non era malvagia, visto che quello era il piano originario, poi naufragato nell’alcol con la scusa dell’aperitivo, per cui con Barbara abbiamo detto “Va bene, scendiamo con il nostro tender e ci vediamo all’ormeggio, vicino la scuola vela, dove si lasciano i gommoni”.
Lo skipper, membro della comitiva, comincia ad approntare il tender, lo mette in moto, si siede vicino al motore e comincia a far salire gli altri. Sale la prima coppia, sale un’altra ragazza e già sono quattro a bordo. Manca solo il marito di quest’ultima, un omone di quasi un metro e novanta, con l’agilità dimenticata e il piede marino come quello di un gatto forastico. Io ero sulla spiaggetta a poppa, a fare luce con la mia lampada che porto sempre, quando di notte usiamo il tender. L’omone, che aveva anche lui il suo bel carico di spritz, invece di scendere spalle al tender, ha tentato di scendere come se facesse un gradino di una scala, perde l’equilibrio, si aggrappa a chi era già a bordo, che a catena, con un effetto domino devastante, ha cercato appiglio nel vicino, scatenando un bagno collettivo con impennata del gommone, motore in acqua, cellulari a bagno e momenti di panico, dato che nel buio, per qualche istante, non si vedeva affiorare nessuno dei cinque!
Poi per fortuna, tra imprecazioni, urla, vestitini che erano diventate tute, e infradito a galla, i malcapitati, che rischiavano di finire sotto il gommone capovolto, affiorano, riguadagnando la scaletta. Tra l’altro, mi precipito a liberare la cima che teneva il gommone alla barca, per spostarlo e agevolare la salita degli involontari comici… e scopro un nodo, ma un nodo di quelli che un istruttore FIV ti taglierebbe le mani… Un nodo deve essere fatto a regola d’arte, deve tenere ma anche poter essere sciolto con facilità, soprattutto situazioni di emergenza. Il nodo che mi trovavo davanti era originariamente un parlato (corretto), ma con tali e tanti ulteriori mezzi colli assolutamente inutili che sarebbe stato meglio slegarlo con le tronchesi!
Insomma, niente cenetta ma scenetta comica e noi, dopo esserci accertati che tutti si fossero ripresi, decidiamo di salutare e tornare su Perla, non prima di aver mandato a quel paese a chi si crucciava per aver perso una sua infradito…
Il giorno dopo la comitiva si sposta a Marina di Campo, con l’obiettivo, visto anche che c’era un compleanno di mezzo, di recuperare la mangiata persa la sera prima, con un pranzo nelle colline di quella zona. La barca degli ‘ubriachi’ parte presto, prima di noi. Anche perché nelle operazioni di preparazione veniamo invitati a prendere il caffè da una coppia gentilissima, lui napoletano che ha lavorato in mezzo mondo e lei catalana di Barcellona (ci tiene alla sua origine), che girano da mesi su una vecchia scialuppa di un transatlantico, restaurata e riadattata a “yacht” a motore, con tuga, ampio pozzetto e tante soluzioni home made fatte da Riccardo e da Annabelle. Squisite persone, a bordo di “Paco” e ottimo caffè. Sono quegli incontri che si ricordano per sempre.
Arriviamo a Marina di Campo, ormeggiamo in rada, raggiungiamo i nostri amici e finalmente si parla di cose serie: un gran pranzo presso una sorta di agriturismo, anzi di “ittiturismo”, dal nome caro ai velisti “La rosa dei venti”, con menu a base di pesce di tutti i tipi e in tutte le salse, dal tonno crudo, alle polpettine di pesce, pesce fritto, primo al ragù di pesce… una delizia, completo di servizio taxi che ti raccoglie in paese e ti porta nella colline per poi riportarti giù. Gran bel servizio!
E poi arriviamo a lei, la Corsica e il giorno della traversata.
Il canale tra Elba e costa Est della Corsica è un tratto di circa 35 miglia. Non è tanto la distanza, ma quel canale di vento che prende velocità intorno alla costa ovest dell’Elba e la muraglia delle montagne del ‘dito’ della Corsica, soprattutto con venti del I e IV quadrante. Avevamo studiato con attenzione il meteo, aspetto per noi più che obbligatorio. Era il momento buon per passare, perché era atteso vento tranquillo da 10-15 nodi da Nord, Nord Est. Usciamo a motore dall’affollata rada di Marina di Campo e a circa mezzo miglio armiamo le vele, puntando verso Bastia, rotta 269 gradi. Si procede abbastanza tranquillamente, se non fosse per i soliti motoscafari frustrati che se non ti generano onde immense passandoti a dieci metri, non si sentono soddisfatti. Il che per noi significa accostare rapidamente per prendere le onde al mascone e sperare che la seconda onda, mentre sei in discesa dalla prima, non faccia troppi danni a prua, entrando dallo passoduomo, che non è esattamente stagno…
Via via che arriviamo verso il versante ovest dell’Elba, dopo aver superato Fetovaia, il vento rinforza. Ora siamo in mare aperto e ci sono 15-20 nodi di bolina. Non mi piace troppo. La traversata è lunga e se inizia così, può essere faticosa. Prendiamo una mano alla randa e mettiamo il fiocco. Barbara è fortissima oramai in queste operazioni e cambia la vela a prua in un attimo anche con mare formato, mentre per prendere una mano ci mettiamo alla cappa, manovra che dà sicurezza e respiro alle decisioni.
Ci confrontiamo, e decidiamo di andare avanti. Indossiamo i giubbotti autogonfiabili. Perla Nera fila via bene, soprattutto con le vele così ridotte. Siamo sui 4,7 – 5 nodi, che è un’ottima velocità per un barchino di 6 metri carico come se fosse un transatlantico. La barca è in assetto e tiene bene la rotta e le onde più dispettose. Cominciamo a vedere nella foschia la sagoma delle immense montagne della Corsica. Un vero e proprio muro nel mare.
Il vento cala gradatamente. Facciamo l’operazione al contrario, togliamo la mano di terzaroli alla randa e rimettiamo il più grande genoa. Perla continua a camminare spedita.
Siamo ora a metà cammino. Stiamo puntando a Bastia. Non c’è alcun rumore, intorno a noi, se non quelli della barca e del gorgoglio dell’acqua intorno allo scafo. Il vento è gentile, la meta è quasi a vista.
In mare accadono a volte fenomeni strani, che ingannano i sensi. Bagliori, rumori, voci, lamenti, canti… Quando c’è vento fresco, le sartie cominciano a fischiare, le onde suonano la grancassa sulle murate e sullo specchio di poppa, gli oggetti a bordo non ben rizzati tengono il ritmo del rollio e del beccheggio.
Ma sentire sia Barbara sia io delle voci, non ci era mai capitato…
Eppure in quel tratto di mare per qualche istante ci è sembrato davvero di sentire delle voci lontane, chiamare… “Hey… Hey…” sembravano dire. E la suggestione faceva il resto: “sono qui… hey, fermati!”. Forse il mito delle Sirene di Ulisse, forse l’emozione di portare un Meteor in Corsica avevano ingigantito un rumore che era a bordo. Sì, perché erano i matafioni dei terzaroli che accarezzavano ritmicamente la randa, quasi come una suonatrice d’arpa accarezza le corde del suo strumento. E ne veniva fuori un suono che sembrava un richiamo.
Quel suono mi ha portato alla memoria chi veramente in mare implora di essere salvato, magari perché fugge da guerre e violenze, nella speranza di avere un futuro. Mi torna in mente Alan Kurdi, mi tornano in mente le migliaia di mani che hanno chiesto aiuto, hanno lanciato un “Hey” che non è stato ascoltato, udito, o forse volutamente ignorato. Migliaia di mani. Mani che non ci sono più. E chi va per mare sa che la vita è il bene supremo, al di là del colore, delle etnie, dei motivi e degli schieramenti. E di certo quanto sta accadendo nel nostro Paese preoccupa per la spirale d’odio di chi sposta i veri problemi sui più deboli, in una guerra che andrebbe fatta verso altri mali.
La vista della costa sempre più vicina, mi risveglia dalla tristezza di questi pensieri. Il vento è ancora calato e abbiamo avviato il motore, ammainando il genoa e lasciando la randa a riva.
Con la Prodiera decidiamo di cambiare rotta: accostiamo a dritta puntando a Nord di Bastia, città legata al suo porto commerciale e di certo non così interessante, dirigendo verso la zona di Porticciolu, piccola frazione sulla costa est di Capo Corso.
Cominciamo a sentire il profumo della macchia mediterranea e vedere sempre più frequentemente i gabbiani, che ci vengono incontro, quasi a darci il benvenuto.
Non credo che molti altri meteor siano mai stati in Corsica prima di Perla Nera, né credo che tante altre barche a vela di 6m lo abbiano fatto.
Come dicevo all’inizio, Perla ha la bandiera belga, quindi quando siamo in acque italiane alziamo a dritta la bandiera italiana e quella della Comunità Europea e a sinistra la bandiera del Marina di Santa Marinella, della classe Meteor alla quale Perla Nera appartiene. All’entrare in acque corse, abbiamo ammainato la bandiera italiana, spostandola a sinistra, come nazionalità dell’armatore, alzando a dritta la bandiera corsa, la bandiera francese e quella UE. Ci siamo emozionati in questa banale operazione, perché era il segnale che avevamo portato il nostro barchino e noi stessi in un altro Paese, dopo 140 miglia di navigazione da Santa Marinella. E’ il 4 agosto.
Immagino me stesso su quella loggia del Giglio da cui si vedeva quel tratto di mare che ci aveva invogliato a veleggiare per la Corsica. Mi sembra di poter da lì vedere il barchino pieno di passione e bandiere colorate affrontare la traversata e arrivare fin qui, con un paio di attempatelli a bordo.
Ci siamo riusciti! E ora, alla scoperta di queste coste selvagge!
Ne abbiamo di giri da fare!
(cont.)
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