La rotta della Ghiandaia – Prologo

“La ghiandaia è protagonista di numerose leggende dei nativi americani, stanziati nelle regioni dell’Altopiano. Le sue avventure lo porteranno spesso ad avere a che fare con il misterioso mondo degli spiriti, potendo tornare nel mondo dei vivi”

 

“Cosa ricordi?”, mi chiede Alberto, amico da sempre, mentre mangiamo un frugale pranzo, che  in realtà è un pretesto per rivederci, per parlare di noi, delle nostre reciproche recenti storie e del futuro.

Niente, non ricordo niente. Il buio più completo. Ricordo che stavo uscendo dal campo da tennis e poi ricordo di essermi svegliato con mia sorella accanto, bardata da infermiera, in una terapia intensiva di cui vedo ancora  macchinari e gli altri pazienti, per lo più incoscienti, che solo a vederli ti spaventavi. Mi sentivo messo in un posto sbagliato… anche se pure io non dovevo avere un bell’aspetto…  Ma non ricordo tunnel, niente lampi di luce, niente di quello che si dice riguardo il momento del trapasso. Eppure sono morto due volte e mi hanno fatto ritornare in questo mondo per due volte, come la ghiandaia, che vola tra il mondo degli spiriti e il mondo dei vivi…”

“E non ricordi nulla?”

“No. So di essere stato in condizioni molto gravi, al punto che qualcuno pensava che non ce la facessi o che rimanessi con dei problemi per tutta la vita, ma non ricordo nulla. Mi hanno raccontato che mi dovevano tenere in due, sedare, immobilizzare e ancora non bastava. Mi sono strappato tubi, cateteri, aghi. Ma non ricordo nulla e non ho avuto segni se non qualche livido. Una volta migliorato mi hanno spostato da terapia intensiva a cardiologia e gli infermieri che mi avevano curato ce l’avevano con me a morte, perché gli avevo fatto fare gli straordinari… Non capivo perché cambiavano espressione quando mi vedevano, poi ho capito… ma in quei momenti non ero io, forse ero lo spirito della ghiandaia…” e rido, insieme ad Alberto.

“E vabbè, se sa che sei ‘na roccia! – sorride Alberto –  E come stai ora?”

“Bene, direi. Finora tutte le visite, gli accertamenti e le analisi hanno dato risposte molto positive. Speriamo sia sempre così. Certo la mia vita è cambiata da un giorno all’altro, se non altro perché per ora non posso navigare con  Perla Nera come prima perché ho perso l’equipaggio che mi seguiva sulle grandi distanze, ma ho già ricominciato a veleggiare su Perla, a poco più di tre mesi dall’infarto, con Simone, il più grande dei figli, anche lui velista, più bravo di me.  Devo riformare l’equipaggio per le traversate di Perla, ma sarà per la prossima stagione. Intanto tornerò alle regate e non ce ne sarà per nessuno, stai certo…”

“Quindi non navighi per grandi rotte questa estate…” domanda Alberto, che è già arrivato al caffè, mentre io, continuando a parlare a raffica, sono ancora alla pasta…

“Certo che navigo per grandi rotte. Mi imbarco con altri velisti. Saranno circa 800 miglia di quella che per me è la rotta della Ghiandaia. Quando ero in coma, i miei quattro figli erano lì tutti i giorni, oltre il vetro, in silenzio, tra lacrime e speranza. Delle volte le notizie erano gravi, delle volte sembravano portare una nuova luce. I giorni prima del 25 aprile è stata un’altalena di mie reazioni agli stimoli dei medici e di chi dei ragazzi mi visitava e in un giorno particolare non ho più risposto a nessuno stimolo… magari mi ero pure stufato e volevo semplicemente dormire, venivano tutti a chiamarmi in tutti i momenti! Scherzi a parte, prova a immaginare, Alberto,  la preoccupazione dei medici e di conseguenza di chi era lì per me, a fronte della perdita delle mie reazioni.

Poi è accaduto qualcosa di inspiegabile…  Simone, nel venire in ospedale, vide posarsi una ghiandaia proprio vicino a lui, mentre nel viottolo che portava all’entrata dell’Ospedale, si avvicinava a grandi passi per entrare. Sembrava che la ghiandaia gli volesse comunicare qualcosa…’Papà si è svegliato!‘. Simone mi disse di aver avuto questo pensiero, come se gli fosse arrivato dalla ghiandaia. Era vero. Già dalla notte di lunedì 25 aprile mi ero svegliato, ero tornato qui, tra i vivi, dopo aver provato il silenzio e il buio dell’altro mondo, senza alcun dolore, senza alcuna ferita, ma non ero più qui. Invece finalmente mi ero svegliato e Simone lo aveva sentito, lui che dal primo momento incoraggiava tutti gli altri dicendo ‘Papà è uno tosto, ce la farà, state tranquilli’…”

“Mi hai fatto venire i brividi, anzi, basta, che mi commuovo…” dice Alberto e mi accorgo che ha gli occhi lucidi…

“Dai, che fai quest’estate?” chiedo per infrangere il clima toccante che si era creato.

“Grecia e poi Svezia, da parenti”, risponde Alberto. “E tu dove vai, co’ ‘sti velisti? Qual è ‘sta rotta della Ghiandaia, come la chiami tu?…”

“Saranno tre settimane di vela, rade e porti nel periplo della Sardegna. Devo rientrare in contatto con la parte di me che è rimasta su Perla ma che ha l’occasione di aprire una parentesi diversa, per tipo d barca e per il navigare con un equipaggio che non è il tuo.”

“Gajardo! Come dite voi velisti? BUON VENTO!”

“Buon vento sia!” – Ci abbracciamo forte e ci salutiamo, ognuno diretto verso la propria estate di vacanze.

E’ ora di fare la sacca, piena di ricordi, speranze e nuovi obiettivi.

E Sardegna sia.

 

(continua)